Settima intervista ufficiale per il nostro blog di Operazione Nostalgia
Musicale! E’ dopo Lisa, Davide De Marinis e i Jalisse il terzo artista reduce
da “Ora o mai più” a essere intervistato per il nostro progetto, tra interviste
radio e interviste per il nostro blog ufficiale. Vincitore di un’edizione del
Festival di Castrocaro (1977), tra i suoi brani più noti troviamo Era lei, La mia casa (con cui vinse quel Castrocaro) e Me ne andrò. Ha scritto inoltre diversi altri grandi successi per
altri artisti (tra i quali Rivoglio la
mia vita di Lighea, Sanremo 1995). Lui è Michele Pecora!
Ci siamo già incontrati a Minturno
Musica Estate lo scorso anno…
Il “Mammaro Show”! Davvero bella questa
manifestazione che fa ogni anno Pasquale Mammaro con grande passione, trasporto,
affetto, e si vede.
Come stai innanzitutto, Michele?
Tutto bene, dai, siamo riusciti a
pubblicare questo singolo dopo un anno, anche se in un momento particolare, ma
ci tenevo a pubblicarlo adesso anche per dare un segnale, ecco.
E’ quindi un brano che sarebbe uscito
anche senza questa epidemia di Covid-19?
Sì, sarebbe uscito comunque perché
rappresenta il primo singolo dell’album che è finito, manca pochissimo, mancano
piccoli ritocchi ma poi abbiamo interrotto perché poi è successo tutto quello che
sappiamo già. E allora io ho pensato: adesso il singolo è già pronto, è pronto
precisamente da ottobre. Lo abbiamo rimandato, rispostato, poi è arrivato
Sanremo e quindi ho deciso di farlo uscire ora perché pezzi come questo in
qualche modo invecchiano.
Come è nata l’ispirazione per questo
brano, “E la vita torna”?
L’idea in realtà è nata da una
riflessione, e cioè che ripercorrendo un po' tutta la mia vita, la mia carriera
ma anche la vita personale, mi sono accorto che per tanti momenti difficili che
ho vissuto, ne ho avuti altrettanti molto belli, se non di più. E allora,
facendo un bilancio, ho fatto questa considerazione: che la vita, in effetti,
chiede tanto, e qualche volta ti toglie anche. Ma proprio nel momento in cui ti
toglie quasi coscientemente, proprio in quel momento è lì che sta nascendo
un’altra cosa, un’altra opportunità, si apre un’altra finestra, un’altra porta.
Tu non lo sai ancora perché in quel momento non stai bene, sei provato da una
quotidianità non facile e invece la vita è proprio lì che ti sta preparando la
prossima occasione. Quindi la vita torna sempre, in qualche modo ritorna. E’ da
questa riflessione che nasce il pezzo.
Album che uscirà quarant’anni esatti
dopo l’uscita del tuo primo 33 giri “Michele Pecora” uscito nel 1980.
Un bel lasso di tempo! Questo dimostra
che nella vita non si può mai dire nulla…
Lo scorso anno hai partecipato alla
seconda edizione di “Ora o mai più” su Rai Uno. Parlaci di questa esperienza.
Devo dire che è stata un’esperienza
molto bella, un’esperienza completamente nuova per me che ero abituato a fare
televisione in tutt’altro modo. Il senso del programma è molto nobile, bisogna
riconoscerlo perché va proprio a riscoprire, a ridare valore e dignità a chi
come noi una traccia di sé l’aveva lasciata negli anni, nel mondo della musica
e dello spettacolo, e quindi offrire nuove opportunità. E’ chiaro che la nuova
opportunità è un’opportunità di visibilità, non di successo discografico. Io
scindo le due cose perché sono molto diverse. La visibilità è una cosa, il
successo discografico è un’altra. La televisione serve per farsi ricordare, per
farti conoscere da chi ti riscopre o chi ti scopre in quel momento. Il successo
discografico è un’altra cosa, perché dipende dalla canzone e soprattutto dalle
radio. Noi artisti siamo molto legati alle radio, per quello che riguarda il
nostro percorso discografico. Poi la televisione è spettacolo, quindi…
Comunque, è stata un’esperienza positiva, devo dire, molto molto piacevole,
molto sentita, difficile, perché ti metti in gioco, metti in gioco non soltanto
la tua parte professionale ma anche la tua parte umana. Quindi viene fuori
tutto quello che tu sei, perché comunque ti confronti, perché comunque racconti
della tua vita, della tua storia, quindi questo è molto bello. Poi sta a ognuno
di noi ovviamente gestirla nel migliore dei modi, senza lasciarci troppo
prendere dal meccanismo televisivo perché altrimenti rischieremmo di lasciarci
stritolare.
Durante “Ora o mai più” hai presentato
anche un inedito intitolato “I poeti”. Parlaci di questo brano.
Devo dire che la forza di una canzone è
incredibile, ogni volta mi accorgo sempre di più di questa cosa. Io ho avuto un
percorso non semplicissimo artisticamente all’interno di Ora o mai più, perché
comunque ero legato a un genere musicale che era un po' diverso da quello dei
miei coach. Anche se ci siamo divertiti, ci siamo trovati d’accordo, forse non
era venuta fuori la mia parte più intima di compositore. Quando è arrivata
quella canzone si è creata un’atmosfera in studio che non so dirti… magica è
dir poco. Vedere a un certo punto a metà dell’esecuzione tutti in piedi davanti
a me in quella sensazione nella quale si trattiene anche il respiro perché non
si vuol perdere neanche una parola di quello che si sta ascoltando. E’ arrivata
in maniera dirompente. Rimettendo in gioco e in discussione tutto quanto: io
ero ultimo in classifica e poi ho vinto quella puntata. E’ incredibile, era
quasi impossibile. Presi singolarmente i voti più alti di tutte le puntate e di
tutti quanti i partecipanti in quell’occasione. La canzone è arrivata davvero
come una spada. E ne sono felice: perché se la differenza la fanno le canzoni
abbiamo ancora di che sperare nel nostro mestiere. Tu puoi essere bravo quanto
puoi, ma se non hai una bella canzone non succede nulla, è questa la verità. E
se la crei c’è un’atmosfera strana, una sorta di atmosfera magica, come se
fosse venuta giù a un certo punto dal cielo una cascata di stelle filanti
colorate. Una sorta di magia all’interno di una canzone, veramente bello. Un
momento in cui avevo sperato, ma non avrei mai immaginato che potesse realmente
accadere. Scherzando, a pranzo con Pasquale Mammaro prima dell’ultima puntata,
gli dissi: “Io stasera prendo tutti 10 e ti faccio vedere che vinco la
puntata”. E ci siamo messi a ridere, perché sembrava una cosa impossibile. E
invece no: è successo!
Andiamo molto indietro nel tempo, al
1977, all’inizio della tua carriera: fu un anno molto importante per te perché
vincesti il Festival di Castrocaro con il brano “La mia casa”. Parlaci di
questa esperienza e del tuo approccio a quella vittoria.
Sono arrivato a Castrocaro perché
lavoravo in una radio e facevo un programma dedicato ai cantautori, e scrivevo
già canzoni. L’editore della radio un giorno mi disse: “Michele, perché non mi
dai una cassetta tua? Io sono amico di Gianni Ravera”. La invio a Gianni in
attesa del suo parere. Dopo qualche giorno mi chiama Ravera e mi convoca a
Roma. Io vado a Roma, mi fa cantare in uno studio di registrazione, canto, lui
mi chiama e mi dice: “sei molto bravo, mi piace molto come scrivi, ti porto a
Castrocaro”. E così è iniziata quella mia avventura. Ho fatto tutte le
selezioni, eravamo 1800 quell’anno, perché era l’unico concorso italiano per
giovani importante. Poi arrivai in finale e alla fine ho vinto quel Festival, e
la mia vita da allora è cambiata completamente. Il contratto con la Warner lo
avevo invece già firmato prima della finale, precisamente durante la
semifinale. E il modo in cui sono stato preso dimostra quanto siamo legati alla
fortuna noi artisti, la fortuna fa il 50-60% della nostra carriera.
L’amministratore delegato Warner venne alle prove e se ne stava andando via
perché si era stufato di sentire tutte queste canzoni nuove che non lo
convincevano. Mentre stava uscendo dal Teatro delle Terme, come ha messo il
primo piede sul gradino io inizio a cantare. In quel momento lui si è
inchiodato come se fosse stato fulminato da una visione, è tornato dentro e ha
detto: “chi è che sta ancora cantando?”. Ravera iniziò a parlargli di me. Io
dopo dieci minuti non avevo ancora la firma ma già l’opzione Warner. Vedi? Se
lui fosse andato via cinque minuti prima, la mia vita sarebbe stata diversa.
Inoltre hai avuto anche un grandissimo
successo come autore per altri artisti e a Sanremo 1995 hai lanciato la
carriera di Lighea per la quale hai scritto “Rivoglio la mia vita”.
Lighea, ai tempi una giovane e
bravissima ragazza dalla voce straordinaria, mi chiedeva un pezzo da due anni.
Siccome sono un istintivo, un passionale, non mi venivano idee. Un giorno, non
ricordo per quale circostanza, nasce questo pezzo. Contatto Lighea dicendole
che avevo trovato il pezzo giusto per lei. Lei lo ascolta e lo accoglie con
grande entusiasmo. E da lì siamo partiti per andare a Sanremo. Il Festival del
1995 fu un Sanremo storico, con tanti artisti interessanti nel cast, c’era
Giorgia, c’era Barbara Cola… Barbara, poi, diciamo che è stata non dico una mia
scoperta, perché lei già cantava, però un mio amico me la fece sentire, era
giovanissima, aveva 16 anni. Io appena la sentii mi accorsi di avere di fronte
un talento straordinario, incredibile, dalla timbrica e dalla capacità vocale
unica. Tra l’altro ci siamo ritrovati a Ora o Mai Più con Barbara. Ho scritto
una canzone per lei che non vinse Castrocaro, arrivò seconda per pochissimi
punti, ma risultò la vincitrice morale perché poi da lì iniziò la sua carriera,
ci fu l’incontro con Morandi e il resto è storia nota. Era una canzone dal
titolo “Tutto il bene del mondo”, che lei cantava divinamente ed era un brano
che la rappresentava molto. Tornando a Lighea, siamo arrivati in alto in
classifica perché il pezzo era molto bello, colpiva molto. Poi lei era molto
brava, aveva una grande capacità scenica e quindi tutte queste cose insieme
hanno fatto di quel pezzo un bel momento.
Hai svolto nel corso della tua carriera
anche l’attività di talent scout. Quale consiglio daresti a un giovane che si
vuole avvicinare al mondo della musica?
Il consiglio che dò sempre nei miei
incontri con i giovani, dove chiacchieriamo, parliamo, raccontiamo, racconto la
mia storia che magari può essere utile come esperienza. La cosa che dico è che
questo mestiere benedetto, a volte maledetto, è un mestiere difficile e
impegnativo, e quello che fa la differenza è la passione. La passione ci fa
superare i momenti di difficoltà e ci fa andare avanti anche quando non c’è il
consenso, perché il consenso è una cosa che viene da sola. Non bisogna
cercarlo, non bisogna chiederlo. Io non l’ho fatto neanche da ragazzo.
Scrivevo, poi se piacevano piacevano e se non piacevano non m’interessava,
perché piacevano a me, quindi andava bene così. Ecco, se ci sono queste
premesse e queste condizioni, allora è un mestiere che consiglio di fare a chi
ha talento.
“I poeti” sarà presente nel tuo nuovo
album?
No, non sarà compresa nel nuovo album.
Saranno tutte canzoni inedite, 10 canzoni inedite. Ci sarà “E la vita torna”,
sinora l’unico pezzo pubblicato e ci sarà un brano nel dialetto delle mie
parti, il Cilento. Erano tanti anni che lo volevo fare. E’ una dedica d’amore
alla mia terra.
Infatti tu sei molto legato alla tua
terra, Agropoli, a cui è dedicato proprio il brano con cui hai vinto
Castrocaro, “La mia casa”.
E’ una canzone infatti che parla di una
casa, di ricordi d’infanzia.
Ultima domanda: quali saranno i temi
principali del nuovo disco, per anticiparci qualcosina?
Sarà un disco di riflessioni, come “E la
vita torna”, sulle persone che affrontano un viaggio per cercare una vita
migliore, scappano dalla povertà, dalla disperazione. Principalmente si tratta
di una riflessione su quello che mi circonda, sul mio guardare il mondo.
Guardare il mondo significa accorgersi di quello che nel mondo c’è di bello e
di meno bello e raccontarlo attraverso le canzoni di questo album.