Dopo aver intervistato
i Jalisse la scorsa settimana, è giunto il momento della seconda intervista per
il nostro blog di Operazione Nostalgia Musicale. Ha iniziato la sua carriera
nel mondo del calcio, giocando nelle giovanili della Lodigiani (tra i suoi compagni
di squadra c’era Francesco Totti) e per alcuni mesi in quelle del Milan,
dividendosi tra sport e musica, per poi lasciare il calcio a soli 17 anni
dedicandosi completamente all’attività musicale, come tastierista, autore e
produttore. Alcuni degli artisti con cui ha collaborato in carriera? Fabrizio
Moro, Ermal Meta, Patty Pravo, Franco Califano, Emma, Alessandra Amoroso,
Fiorella Mannoia, Francesco Sarcina, Noemi, Lorenzo Fragola, Chiara Galiazzo.
In alcuni casi contribuendo anche a grandi successi. Vanta due vittorie al
Festival di Sanremo, una nei Big (produttore per “Non mi avete fatto niente” di
Ermal Meta e Fabrizio Moro) e una nelle Nuove Proposte (“Il linguaggio della
resa” di Tony Maiello), e un secondo posto nelle Nuove Proposte nel 2008 come
tastierista de La Scelta, oltre a tanti altri ottimi risultati. Lui è Roberto
Cardelli!
Innanzitutto, come ti sei avvicinato al
mondo della musica?
Parto col dire che io inizialmente
facevo il calciatore. Ho giocato molti anni a calcio a livello professionistico
nella Lodigiani, squadra romana molto famosa all’epoca, sono stato compagno di
squadra per svariato tempo di Totti quando eravamo piccoli. Nel frattempo mi
ero appassionato anche alla musica grazie a mia madre, che nel 1988 acquistò il
primo CD di Tracy Chapman che mi fece avvicinare alla musica. Oltre a Tracy
Chapman ascoltavamo anche gruppi come gli Europe, i Bon Jovi. Proprio “The
Final Countdown” degli Europe fu il brano che fece definitivamente scoccare la
scintilla tra me e la musica. Mi incuriosii nel sentire di che strumento si
trattasse, non sapevo cosa fosse: abitavo vicino lo storico negozio
“Cherubini”, mi presentai al negozio con il CD chiedendo che strumento fosse e
mi venne risposto “un sintetizzatore”. E da lì decisi di iniziare a suonare le
tastiere. Probabilmente se al posto del sintetizzatore nel brano che più di
tutti mi ha fatto innamorare della musica ci fosse stata una chitarra, avrei
iniziato a suonare la chitarra! E da lì mi sono appassionato anche ai Pink
Floyd e a tanti grandi nomi della musica internazionale, per poi iniziare
successivamente ad apprezzare la musica italiana dopo tantissimi anni di musica
internazionale. La fascia di età della mia generazione era composta, per quel
che riguarda noi musicisti, da ragazzi che a fine anno facevano il concerto di
scuola e si facevano le canzoni serie, non quelle che si sentono adesso.
Suonavamo i Van Halen, i Guns’n’Roses, gli U2, adesso si suonano canzoncine.
Guarda, in realtà non è sempre così,
perché ci sono tante band di adolescenti che suonano molti di questi classici
rock internazionali…
Sì, ce ne sono, ma non come nella nostra
generazione. Noi andavamo a scoprire la musica di una volta. Oggi se parli ad
esempio di un Battisti, molti ad esempio non sanno chi è, mentre noi già
conoscevamo nomi come lo stesso Battisti, Dalla, i Beatles, i Rolling Stones,
mentre oggi molti ragazzi non conoscono niente di tutto questo. E ti parlo circa
del 90% almeno (quando negli anni ’80 i ragazzi che non conoscevano la musica
del passato erano il 2%), sto in questo mondo, quindi conosco i ragazzi… I
ragazzi conoscono la trap, questa roba qui…
Devo dirti per esperienza personale che
come ho già detto non è sempre così: io con Operazione Nostalgia Musicale tengo
degli incontri nelle scuole superiori di tutta Italia per il progetto
“Operazione Nostalgia Musicale School Tour” in cui mostriamo videoclip di
grandi successi del passato di tutti i generi, e alla fine tornano sempre a
casa ultracontenti riascoltandosi i pezzi che propongo.
Sì, ma io ti sto parlando di una mia
opinione basata su quello che vedo dal punto di vista del mercato e dei numeri
di mercato, che dicono che i ragazzi ascoltano ben altro e sappiamo quello che
ascoltano. Probabilmente quando io ero giovane nomi come gli Europe, gli U2 e i
Bon Jovi erano considerati mondezza dalle generazioni passate, oggi per me
quello che molti giovani ascoltano è mondezza. Per dire, quando io ero giovane
c’era gente che proponeva dal vivo “Nothing Else Matters” dei Metallica, noi
ridevamo un po' e dicevamo “ancora Nothing Else Matters? La fanno tutti!” ma
parliamo di un’opera d’arte. Oggi si considera opera d’arte roba spicciola,
perché di quello si parla. Pensa che su YouTube ci sono dei video che fanno
vedere ragazzi di una tristezza unica. Sia bello che triste. Ci sono dei
ragazzi di 24 anni circa che ascoltano per la prima volta “Another brick in the
wall” a 24 anni. E rimangono stupiti. E’ una vergogna, una cosa vergognosa.
Pensa ai bambini di 9 anni di oggi: io sono cresciuto con dischi come “The
Wall”. Quando avevo 4 anni mia madre aveva i vinili, oltre che dei Pink Floyd,
di Bob Marley, dei Beatles, adesso non oso immaginare cosa ascoltano adesso i
bambini di 10 anni… Per uno come me che ha studiato cose stupende, che hanno
fatto la storia della musica, dagli anni ’60 fino ad oggi. Adesso ho smesso
perché quello che c’è adesso è inutile studiarlo! Poi ci sono anche molti
ragazzi, molti miei allievi che studiano con me pianoforte, che studiano con
piacere anche musica anni ’70, ’80, ’90. Quel che penso è che molti ragazzi
dovrebbero studiare, ascoltare tutta la grande musica che c’è stata prima di
loro, perché la musica è cultura è arte, mentre oggi la musica è consumismo,
quindi si tende ad ascoltare tutto quello che ci mandano.
Tornando al tuo passato calcistico, tu
hai giocato anche nelle giovanili del Milan se non sbaglio…
Assolutamente sì, ho giocato otto mesi
al Milan, poi ho avuto un incidente col motorino e sono dovuto tornare a Roma.
Militando prima nel Cerveteri e successivamente tornando alla Lodigiani. Ho poi
lasciato il calcio a soli 17 anni dedicandomi completamente alla musica,
studiando e diplomandomi all’Università della Musica di Roma. Ho poi iniziato a
fare il turnista, collaborando con artisti come Patty Pravo e Franco Califano, e
da lì ho iniziato la carriera di musicista all’età di 21 anni.
Parlaci dell’esperienza di aver
collaborato in età così giovane con artisti come Califano e la Pravo.
L’esperienza più bella è stata quella
con Califano. Maestro dal punto di vista musicale, umano e umoristico e anche
dal punto di vista della sua romanità. E’ stato fantastico: i ricordi che mi
rimangono di Franco sono ricordi che mi fanno ammazzare dalle risate, ci siamo
divertiti tantissimo. Ovviamente adesso non ce la farei a reggere un tour del
genere. 80 date sparse in giro per l’Italia. Da un giorno all’altro Reggio
Calabria-Torino, Torino-Brescia, Brescia-Santa Maria di Leuca… Da morire. Ma
Franco con la sua verve non ci faceva pesare i viaggi. Era una persona molto
rude e dura, non una persona morbida, ma quando faceva una battuta ti faceva
ammazzare dalle risate. Ne faceva in continuazione, anche su di me… Il primo
anno mi chiamava “Andrea” perché era il nome del suo ex tastierista. E ogni
sera mi diceva: “Scusa Robè, ti chiamo Andrea perché ormai…” e io gli
rispondevo “Va bene Frà, non c’è problema”. Ce ne sarebbero tanti altri di
aneddoti da raccontare su Califano.
II calcio è una tematica molto gettonata
nel mondo della musica. Parlaci della tua idea del rapporto tra musica e
calcio.
Tra la musica e il calcio, io ho
personalmente scelto la musica. Il calcio era una passione che avevo sin da
piccolo perché qui in Italia si nasce col calcio. Quindi è anche un po' un
fatto culturale nostro. Sono un grande appassionato di calcio e tifoso della
Roma e vedere molti miei ex compagni di squadra arrivare in Serie A, come
Roberto Stellone, Fabio Liverani, Francesco Totti, mi ha fatto un certo
effetto. Soprattutto vedere Francesco arrivare a quel livello per me è stato un
grande orgoglio. Io non ho mai invidiato nessuno dei miei compagni arrivati in
Serie A, anche se io non ce l’ho fatta sia per motivi infortunistici (perché
quando ti rompi una gamba a 16 anni ti sei praticamente giocato la carriera,
adesso guariscono in 4 mesi, all’epoca ci mettevi cinque anni) sia perché alla
fine ce l’ho fatta nel mondo della musica, creandomi uno spazio importante con
tanti sacrifici e con tanta fortuna, perché ci vuole anche tanta fortuna a
conoscere le persone al momento giusto.
E’ c’è una collaborazione che in questi
anni ti ha portato tanta fortuna: quella con Fabrizio Moro.
Tutto è iniziato nel 2006, nel periodo
in cui io facevo parte di una cover band di Vasco Rossi. Il nostro chitarrista
suonava con Fabrizio Moro, ai tempi ancora non conosciuto. Sono andato a casa
di Fabrizio Moro che all’epoca abitava vicino a me e ancora oggi abita vicino a
me. Ci siamo conosciuti là e abbiamo parlato tutt’altro che di musica, ma di
ipocondria: siamo ipocondriaci entrambi.
E la parola ipocondria è presente tra
l’altro in uno dei maggiori successi di Fabrizio che hai scritto, che è
“Portami via”…
Esatto, brano che abbiamo scritto
insieme, dove io ho messo la musica e lui le parole (diciamo che nel nostro
sodalizio lui è la penna e io il foglio di carta bianco), e quella è la parola
che lega me e Fabrizio e insieme a noi anche il nostro amico Ultimo, siamo
tutti e tre ipocondriaci!
Ci ritroviamo a parlare di ipocondria
proprio nel giorno (l’intervista è stata
registrata ieri) del compleanno di Franco Battiato che parla proprio di
ipocondria in uno dei suoi più grandi successi, “La cura”.
Esattamente. In molti hanno “criticato”
Portami via per via di quella parola, quindi la hanno definita molto simile a
“La Cura” di Battiato, ma non si può assoggettare una singola parola a una singola
canzone. Questo perché il brano non c’entra niente con “La Cura”: Fabrizio ha
utilizzato questo termine nel testo perché lo rappresenta e rappresenta anche
me. Tornando al rapporto con Fabrizio, insieme abbiamo scritto più di una
ventina di brani, compreso quasi tutto l’ultimo album “Figli di nessuno”. Io mi
dedico alla parte musicale dei brani perché nasco come produttore e musicista,
sui testi dò qualche consiglio, ma li lascio fare agli autori, ai cantautori
con cui lavoro, perché a sistemare il testo definitivamente ci pensano loro. Se
vogliamo fare un esempio, io sono il Gaetano Curreri della situazione mentre il
Vasco Rossi di turno scrive il testo!
Vasco che tra l’altro è uno dei tuoi
modelli musicali italiani.
Sì, diciamo che lui, Venditti e Baglioni
sono i miei artisti italiani preferiti, anche se ho apprezzato per tantissimo
tempo anche Mango. Sembra strano ma ho apprezzato moltissimo anche lui. E’
stato uno dei primi a fare musica etnica all’avanguardia in Italia già nella
seconda metà degli anni ’80, poi nei primi ’90 con l’album Sirtaki o con brani
come “Mediterraneo” che sono passati alla storia. Mango è molto sottovalutato e
non capito.
Tornando a Portami via, diciamo che il
Festival di Sanremo 2017 è stato un po' il “tuo” Sanremo, un Sanremo da
protagonista.
In realtà ho già fatto un Sanremo da
protagonista, con la mia ex band, La Scelta, nel 2008. Ai tempi lavoravo con
Fabrizio Moro e mi sono ritrovato con Fabrizio nei big e con la mia band nei
Giovani. Nei big con una canzone chiamata “Eppure mi hai cambiato la vita” dove
io ho suonato il pianoforte, nei giovani con il brano “Il nostro tempo”. Mentre
registravamo con Fabrizio in attesa del Festival ci arrivò una chiamata e mi
venne comunicato che avrei partecipato al Festival nelle Nuove Proposte. E’
stato stranissimo: lavorando insieme abbiamo fatto il Festival insieme anche se
in categorie diverse. Centrando il podio in entrambi i casi: terzo con Fabrizio
nei Big e secondo con La Scelta nei Giovani. E due anni dopo mi piazzai al
primo posto nei Giovani con “Il linguaggio della resa” scritta da me insieme a
Tony Maiello che l’ha anche interpretata e Fabrizio Ferraguzzo, attuale
direttore artistico di X-Factor e con un ruolo importante alla Sony. Ma il
Festival di “Portami via” è stato il più bello: io avevo due artisti, che erano
Fabrizio Moro con un brano scritto insieme, ed Ermal Meta con cui ho prodotto
l’album uscito quell’anno, Vietato morire. Tutti e due i brani si sono rivelati
insieme ad “Occidentali’s Karma” tra i più popolari di quell’edizione. Poi
c’era Giulia Luzi a cui ho prodotto l’album, ma il brano con cui ha partecipato
a quel Festival in coppia con Raige (“Togliamoci la voglia”) era prodotto da
Luca Chiaravalli. Su “Vietato morire” (la canzone) posso dire che Ermal la produsse
completamente da solo, e stavamo aspettando il disco. Avevamo aspettative
normali, e invece l’album volò in classifica a livello di vendite. Dopo i buoni
riscontri dell’anno prima con “Odio le favole” e “A parte te”, con Vietato
morire Ermal si è consacrato. E l’anno dopo, con il brano prodotto da me con
Ermal e Fabrizio (“Non mi avete fatto niente”) abbiamo vinto ed è stato
raggiunto l’apice. Ermal Meta e Fabrizio Moro personalmente non si conoscevano,
e io li ho fatti praticamente conoscere, lavorando con entrambi. E il resto è
storia. Lavorando con due artisti come Ermal e Fabrizio che sono così lontani
ma così vicini allo stesso tempo, anche se in maniera diversa, perché sono due
artisti totalmente diversi. Ed è bellissimo perché posso lavorare in modo
diverso con tutti e due in base ai loro stili. Quindi mi occupo di parti
musicali totalmente differenti tra loro per ciò che riguarda loro due.
Come è nata invece la collaborazione con
Ermal Meta?
Lo conobbi durante la produzione
dell’album di Chiara Galiazzo “Un giorno di sole”. Ermal si presentò in studio
di registrazione e ci conoscemmo là. Tra una cosa e l’altra ci siamo rivisti un
anno e mezzo dopo a casa sua, in estate, e abbiamo scritto tre brani, ossia
“Una strada infinita” poi interpretato da Elodie, un brano divenuto qualche
anno dopo un duetto tra Ermal e J-Ax (Un’altra volta da rischiare), e un brano
poi finito nell’album del 2018 di Ermal “Non abbiamo armi” intitolato “Quello
che ci resta”. Dopo questa settimana trascorsa a Milano non ci siamo più
sentiti, finché non mi chiamò lui dicendomi “Roberto, mi dai una mano a fare il
disco? Devo andare a Sanremo”. Io gli risposi: “Guarda, Ermal, mandami le
canzoni e fammi sentire quello che hai, un conto è avere il brano di Sanremo,
un altro è avere un progetto, mandami i provini e tutto quello che hai”. Ad
essere sincero, io volevo e voglio molto bene ad Ermal trovandomi bene con lui,
però volevo sentire tutto il repertorio del disco e non solo un singolo brano,
perché sappiamo che un disco è importantissimo, non basta una sola canzone a
Sanremo, devi avere un progetto dietro. Altrimenti solo con una canzone non ci
fai nulla ed è fine a sé stessa. Mi mandò “Ragazza Paradiso” e “Piccola Anima”,
io gli dissi “Ermal, domani vengo a Milano…” perché mi inviò due bombe nucleari
e gli ho risposto “queste sono canzoni fortissime” e andai subito a Milano per
produrre l’album “Vietato morire”. Oltre alla title-track, anche le due canzoni
citate hanno avuto successo: Ragazza Paradiso è andata bene, Piccola anima non
ne parliamo. Tra i singoli estratti c’è stato anche Voodoo Love, che io ed
Ermal abbiamo scritto insieme (e successivamente è stato pubblicato anche un
duetto con i Jarabedepalo), che però ha riscosso meno successo perché è un
pezzo più particolare, più etnico, un brano che gli addetti ai lavori hanno
apprezzato molto, un brano molto diverso da quello che era il tono dell’album.
Sono quei brani che fanno bene nell’economia di un disco, e io sono stato molto
contento che sia stato scelto come singolo. Ne valeva la pena: l’escalation è
stata buona, perché i quattro singoli hanno tutti riscosso ottimi risultati.
Progetti futuri a livello musicale?
Abbiamo già iniziato il nuovo album di
Ermal Meta, ma abbiamo interrotto perché con questo problema del Coronavirus io
sono tornato a Roma e aspettiamo di ricominciare al più presto possibile non
appena questo momento agghiacciante finisce.
C’è già qualche singolo pronto per
l’uscita?
Eravamo andati avanti molto bene,
stavamo andando avanti molto bene ma ci siamo interrotti perché è arrivata
questa tempesta all’improvviso. Ci sono molti brani già pronti e già provinati
ma per il Coronavirus ci siamo fermati e abbiamo deciso di interrompere i
lavori.
Cosa pensi di questa situazione che si è
creata per il Coronavirus?
La cosa più importante è che questa cosa
passi soprattutto per la vita umana, che è la cosa più preziosa che c’è a
prescindere dall’economia che è molto difficile da far ripartire, ma la cosa
più importante è che la gente stia a casa e che salvaguardi sé stessa e
soprattutto i propri cari. La cosa più importante è la vita umana e soprattutto
la Natura: Madre Natura si sta ribellando e questo è un segnale. Vediamola
così: i Poli si stanno sciogliendo, il Mondo si sta ribellando, Madre Natura si
sta ribellando. Noi non siamo i padroni del mondo, il mondo è la nostra casa ma
non ne siamo i padroni, noi siamo gli ospiti e pensiamo di esserne i padroni
quando non lo siamo, e Madre Natura ce lo sta facendo capire.
Nessun commento:
Posta un commento