venerdì 15 maggio 2020

LE INTERVISTE DI OPERAZIONE NOSTALGIA MUSICALE - Intervista a Michele Pecora


Settima intervista ufficiale per il nostro blog di Operazione Nostalgia Musicale! E’ dopo Lisa, Davide De Marinis e i Jalisse il terzo artista reduce da “Ora o mai più” a essere intervistato per il nostro progetto, tra interviste radio e interviste per il nostro blog ufficiale. Vincitore di un’edizione del Festival di Castrocaro (1977), tra i suoi brani più noti troviamo Era lei, La mia casa (con cui vinse quel Castrocaro) e Me ne andrò. Ha scritto inoltre diversi altri grandi successi per altri artisti (tra i quali Rivoglio la mia vita di Lighea, Sanremo 1995). Lui è Michele Pecora!





Ci siamo già incontrati a Minturno Musica Estate lo scorso anno…

Il “Mammaro Show”! Davvero bella questa manifestazione che fa ogni anno Pasquale Mammaro con grande passione, trasporto, affetto, e si vede.


Come stai innanzitutto, Michele?

Tutto bene, dai, siamo riusciti a pubblicare questo singolo dopo un anno, anche se in un momento particolare, ma ci tenevo a pubblicarlo adesso anche per dare un segnale, ecco.


E’ quindi un brano che sarebbe uscito anche senza questa epidemia di Covid-19?

Sì, sarebbe uscito comunque perché rappresenta il primo singolo dell’album che è finito, manca pochissimo, mancano piccoli ritocchi ma poi abbiamo interrotto perché poi è successo tutto quello che sappiamo già. E allora io ho pensato: adesso il singolo è già pronto, è pronto precisamente da ottobre. Lo abbiamo rimandato, rispostato, poi è arrivato Sanremo e quindi ho deciso di farlo uscire ora perché pezzi come questo in qualche modo invecchiano.


Come è nata l’ispirazione per questo brano, “E la vita torna”?

L’idea in realtà è nata da una riflessione, e cioè che ripercorrendo un po' tutta la mia vita, la mia carriera ma anche la vita personale, mi sono accorto che per tanti momenti difficili che ho vissuto, ne ho avuti altrettanti molto belli, se non di più. E allora, facendo un bilancio, ho fatto questa considerazione: che la vita, in effetti, chiede tanto, e qualche volta ti toglie anche. Ma proprio nel momento in cui ti toglie quasi coscientemente, proprio in quel momento è lì che sta nascendo un’altra cosa, un’altra opportunità, si apre un’altra finestra, un’altra porta. Tu non lo sai ancora perché in quel momento non stai bene, sei provato da una quotidianità non facile e invece la vita è proprio lì che ti sta preparando la prossima occasione. Quindi la vita torna sempre, in qualche modo ritorna. E’ da questa riflessione che nasce il pezzo.


Album che uscirà quarant’anni esatti dopo l’uscita del tuo primo 33 giri “Michele Pecora” uscito nel 1980.

Un bel lasso di tempo! Questo dimostra che nella vita non si può mai dire nulla…


Lo scorso anno hai partecipato alla seconda edizione di “Ora o mai più” su Rai Uno. Parlaci di questa esperienza.

Devo dire che è stata un’esperienza molto bella, un’esperienza completamente nuova per me che ero abituato a fare televisione in tutt’altro modo. Il senso del programma è molto nobile, bisogna riconoscerlo perché va proprio a riscoprire, a ridare valore e dignità a chi come noi una traccia di sé l’aveva lasciata negli anni, nel mondo della musica e dello spettacolo, e quindi offrire nuove opportunità. E’ chiaro che la nuova opportunità è un’opportunità di visibilità, non di successo discografico. Io scindo le due cose perché sono molto diverse. La visibilità è una cosa, il successo discografico è un’altra. La televisione serve per farsi ricordare, per farti conoscere da chi ti riscopre o chi ti scopre in quel momento. Il successo discografico è un’altra cosa, perché dipende dalla canzone e soprattutto dalle radio. Noi artisti siamo molto legati alle radio, per quello che riguarda il nostro percorso discografico. Poi la televisione è spettacolo, quindi… Comunque, è stata un’esperienza positiva, devo dire, molto molto piacevole, molto sentita, difficile, perché ti metti in gioco, metti in gioco non soltanto la tua parte professionale ma anche la tua parte umana. Quindi viene fuori tutto quello che tu sei, perché comunque ti confronti, perché comunque racconti della tua vita, della tua storia, quindi questo è molto bello. Poi sta a ognuno di noi ovviamente gestirla nel migliore dei modi, senza lasciarci troppo prendere dal meccanismo televisivo perché altrimenti rischieremmo di lasciarci stritolare.


Durante “Ora o mai più” hai presentato anche un inedito intitolato “I poeti”. Parlaci di questo brano.

Devo dire che la forza di una canzone è incredibile, ogni volta mi accorgo sempre di più di questa cosa. Io ho avuto un percorso non semplicissimo artisticamente all’interno di Ora o mai più, perché comunque ero legato a un genere musicale che era un po' diverso da quello dei miei coach. Anche se ci siamo divertiti, ci siamo trovati d’accordo, forse non era venuta fuori la mia parte più intima di compositore. Quando è arrivata quella canzone si è creata un’atmosfera in studio che non so dirti… magica è dir poco. Vedere a un certo punto a metà dell’esecuzione tutti in piedi davanti a me in quella sensazione nella quale si trattiene anche il respiro perché non si vuol perdere neanche una parola di quello che si sta ascoltando. E’ arrivata in maniera dirompente. Rimettendo in gioco e in discussione tutto quanto: io ero ultimo in classifica e poi ho vinto quella puntata. E’ incredibile, era quasi impossibile. Presi singolarmente i voti più alti di tutte le puntate e di tutti quanti i partecipanti in quell’occasione. La canzone è arrivata davvero come una spada. E ne sono felice: perché se la differenza la fanno le canzoni abbiamo ancora di che sperare nel nostro mestiere. Tu puoi essere bravo quanto puoi, ma se non hai una bella canzone non succede nulla, è questa la verità. E se la crei c’è un’atmosfera strana, una sorta di atmosfera magica, come se fosse venuta giù a un certo punto dal cielo una cascata di stelle filanti colorate. Una sorta di magia all’interno di una canzone, veramente bello. Un momento in cui avevo sperato, ma non avrei mai immaginato che potesse realmente accadere. Scherzando, a pranzo con Pasquale Mammaro prima dell’ultima puntata, gli dissi: “Io stasera prendo tutti 10 e ti faccio vedere che vinco la puntata”. E ci siamo messi a ridere, perché sembrava una cosa impossibile. E invece no: è successo!


Andiamo molto indietro nel tempo, al 1977, all’inizio della tua carriera: fu un anno molto importante per te perché vincesti il Festival di Castrocaro con il brano “La mia casa”. Parlaci di questa esperienza e del tuo approccio a quella vittoria.

Sono arrivato a Castrocaro perché lavoravo in una radio e facevo un programma dedicato ai cantautori, e scrivevo già canzoni. L’editore della radio un giorno mi disse: “Michele, perché non mi dai una cassetta tua? Io sono amico di Gianni Ravera”. La invio a Gianni in attesa del suo parere. Dopo qualche giorno mi chiama Ravera e mi convoca a Roma. Io vado a Roma, mi fa cantare in uno studio di registrazione, canto, lui mi chiama e mi dice: “sei molto bravo, mi piace molto come scrivi, ti porto a Castrocaro”. E così è iniziata quella mia avventura. Ho fatto tutte le selezioni, eravamo 1800 quell’anno, perché era l’unico concorso italiano per giovani importante. Poi arrivai in finale e alla fine ho vinto quel Festival, e la mia vita da allora è cambiata completamente. Il contratto con la Warner lo avevo invece già firmato prima della finale, precisamente durante la semifinale. E il modo in cui sono stato preso dimostra quanto siamo legati alla fortuna noi artisti, la fortuna fa il 50-60% della nostra carriera. L’amministratore delegato Warner venne alle prove e se ne stava andando via perché si era stufato di sentire tutte queste canzoni nuove che non lo convincevano. Mentre stava uscendo dal Teatro delle Terme, come ha messo il primo piede sul gradino io inizio a cantare. In quel momento lui si è inchiodato come se fosse stato fulminato da una visione, è tornato dentro e ha detto: “chi è che sta ancora cantando?”. Ravera iniziò a parlargli di me. Io dopo dieci minuti non avevo ancora la firma ma già l’opzione Warner. Vedi? Se lui fosse andato via cinque minuti prima, la mia vita sarebbe stata diversa.


Inoltre hai avuto anche un grandissimo successo come autore per altri artisti e a Sanremo 1995 hai lanciato la carriera di Lighea per la quale hai scritto “Rivoglio la mia vita”.

Lighea, ai tempi una giovane e bravissima ragazza dalla voce straordinaria, mi chiedeva un pezzo da due anni. Siccome sono un istintivo, un passionale, non mi venivano idee. Un giorno, non ricordo per quale circostanza, nasce questo pezzo. Contatto Lighea dicendole che avevo trovato il pezzo giusto per lei. Lei lo ascolta e lo accoglie con grande entusiasmo. E da lì siamo partiti per andare a Sanremo. Il Festival del 1995 fu un Sanremo storico, con tanti artisti interessanti nel cast, c’era Giorgia, c’era Barbara Cola… Barbara, poi, diciamo che è stata non dico una mia scoperta, perché lei già cantava, però un mio amico me la fece sentire, era giovanissima, aveva 16 anni. Io appena la sentii mi accorsi di avere di fronte un talento straordinario, incredibile, dalla timbrica e dalla capacità vocale unica. Tra l’altro ci siamo ritrovati a Ora o Mai Più con Barbara. Ho scritto una canzone per lei che non vinse Castrocaro, arrivò seconda per pochissimi punti, ma risultò la vincitrice morale perché poi da lì iniziò la sua carriera, ci fu l’incontro con Morandi e il resto è storia nota. Era una canzone dal titolo “Tutto il bene del mondo”, che lei cantava divinamente ed era un brano che la rappresentava molto. Tornando a Lighea, siamo arrivati in alto in classifica perché il pezzo era molto bello, colpiva molto. Poi lei era molto brava, aveva una grande capacità scenica e quindi tutte queste cose insieme hanno fatto di quel pezzo un bel momento.


Hai svolto nel corso della tua carriera anche l’attività di talent scout. Quale consiglio daresti a un giovane che si vuole avvicinare al mondo della musica?

Il consiglio che dò sempre nei miei incontri con i giovani, dove chiacchieriamo, parliamo, raccontiamo, racconto la mia storia che magari può essere utile come esperienza. La cosa che dico è che questo mestiere benedetto, a volte maledetto, è un mestiere difficile e impegnativo, e quello che fa la differenza è la passione. La passione ci fa superare i momenti di difficoltà e ci fa andare avanti anche quando non c’è il consenso, perché il consenso è una cosa che viene da sola. Non bisogna cercarlo, non bisogna chiederlo. Io non l’ho fatto neanche da ragazzo. Scrivevo, poi se piacevano piacevano e se non piacevano non m’interessava, perché piacevano a me, quindi andava bene così. Ecco, se ci sono queste premesse e queste condizioni, allora è un mestiere che consiglio di fare a chi ha talento.


“I poeti” sarà presente nel tuo nuovo album?

No, non sarà compresa nel nuovo album. Saranno tutte canzoni inedite, 10 canzoni inedite. Ci sarà “E la vita torna”, sinora l’unico pezzo pubblicato e ci sarà un brano nel dialetto delle mie parti, il Cilento. Erano tanti anni che lo volevo fare. E’ una dedica d’amore alla mia terra.


Infatti tu sei molto legato alla tua terra, Agropoli, a cui è dedicato proprio il brano con cui hai vinto Castrocaro, “La mia casa”.

E’ una canzone infatti che parla di una casa, di ricordi d’infanzia.


Ultima domanda: quali saranno i temi principali del nuovo disco, per anticiparci qualcosina?

Sarà un disco di riflessioni, come “E la vita torna”, sulle persone che affrontano un viaggio per cercare una vita migliore, scappano dalla povertà, dalla disperazione. Principalmente si tratta di una riflessione su quello che mi circonda, sul mio guardare il mondo. Guardare il mondo significa accorgersi di quello che nel mondo c’è di bello e di meno bello e raccontarlo attraverso le canzoni di questo album.

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